Ma ne è valsa la pena?

Salita del Mostro (Thron) della Val d’Avers – 15 Febbraio 2022

E’ un po’ che non scrivo sul sito ma spero di rimediare un minimo nei prossimi periodi, essendo appena finita la scuola e avendo un po’ di tempo libero in più. Per iniziare, riporto qui il racconto che ho scritto e pubblicato su “Lo zaino”, una rivista online che viene pubblicata dalla “Commissione Regionale Lombarda Scuole di Alpinismo, Scialpinismo, Arrampicata Libera e Sciescursionismo” del CAI. Matteo Will Baloss, che cura la pubblicazione, mi aveva già detto da tempo di scrivere qualcosa per la rivista e l’idea era sempre rimasta lì, in quiete, finché mi sono deciso a mettere nero su bianco un po’ di parole.

Non è stato facile scrivere questo articolo, tendo a non scrivere così palesemente le mie emozioni, e specialmente in un caso in cui non mi sento particolarmente fiero di aver fatto una salita, anche se molto bella. Ho però pensato, dopo un po’, un bel “chissenefrega” nell’espormi un po’, anche se ho scritto un articolo un po’ edulcorato rispetto a quanto ho provato realmente.

Sul sito dei SassBaloss è presente la sezione con i vari numeri di “Lo zaino”, pubblicazione davvero interessante. Mentre questo è il numero dove è presente il mio articolo. Non riporto il pdf direttamente qui in quanto è in alta qualità e pesa intorno ai 60 Mb.

Rispetto all’articolo pubblicato, qui inserirò qualche foto in più ma soprattutto il collegamento dei video che ci sono stati fatti durante le calate! Riporto solo il primo video, che è anche il più carino, mentre gli altri sono sempre nel mio (ridicolo) canale Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=Bwz_K1sbXts


E’ passato quasi un mese da quando ho salito la cascata e mi trovo a scrivere queste parole. In questo mese, ogni tanto, viene ancora a galla l’esperienza vissuta e quindi la domanda del titolo e, ancora adesso, non ho trovato una risposta definitiva. In fondo in fondo, però, sento di propendere per un bel no.

Partiamo dall’inizio. Come tutti i ghiacciatori che iniziano a fare esperienza con piccozze e ramponi in un elemento sempre più verticale e delicato, è facile sfogliare le guide e lasciarsi incantare da flussi ghiacciati sempre più difficili e che sembrano irraggiungibili per il proprio livello. Per me, il Mostro della Val d’Avers è stato sicuramente uno di quei piccoli sogni nel cassetto, covato per anni e ritenuto sempre un poco oltre le mie possibilità.

Ho ben in mente il primo ricordo della cascata, in una giornata di Gennaio del 2014 in cui eravamo stati nella palestrina di Campsut, poco oltre nella valle. Sia all’andata che al ritorno, ci eravamo fermati nello spiazzo davanti al Mostro, per ammirarne la verticalità e la grossezza. Già solo il nome mi incuteva un po’ di paura, e la possibilità di una salita mi sembrava, giustamente, lontana parecchi anni luce.

Sono tornato in Val d’Avers diverse altre volte per salire nuove cascate, sempre col pensiero del Mostro e sempre con l’idea che fosse ancora irrealizzabile per me. Ogni volta guardavo gli eventuali ghiacciatori presenti sulla colata, domandandomi quando (e se) fossi riuscito anche io ad avere la loro padronanza delle piccozze e ramponi per salire.

Col passare degli inverni, e lentamente visto il numero abbastanza esiguo di cascate che salgo ogni stagione, è pian piano aumentata la mia capacità di scalare su ghiaccio, salendo anche flussi tecnicamente più difficili del Mostro. Il ghiaccio è sicuramente l’elemento in cui, negli ultimi anni, ho trovato maggiore spazio e possibilità di crescita, lavorando molto sulla componente mentale piuttosto che quella atletica, visto che in mano si hanno sempre delle ottime “prese” e si può stare appesi ad esse molto più tempo di quanto si crede.

C’è un dettaglio però, che non ho ancora menzionato, ed è uno dei fatti che hanno reso questa cascata davvero diversa rispetto a tante altre. Visto il mio livello, non mi capiterà mai di salire candele di 7, in cui una piccozzata buttata lì male potrebbe avere conseguenze sull’intera struttura, quindi non mi sono ancora mai posto particolari dubbi sulle condizioni delle cascate che salivo, reputando il livello di sicurezza decisamente accettabile.

Nella prima giornata in cui ho visto il Mostro, il 12 Gennaio 2014, la mattina ci siamo fermati a fare due foto alla cascata e abbiamo visto una cordata in salita, sui tiri bassi. Il pomeriggio, al ritorno, quando il Mostro è arrivato a portata di occhi, siamo rimasti tutti a bocca aperta. Saranno state circa le 16:30, quasi tutta la sezione verticale della cascata era crollata e si vedeva una striscia di roccia resa nera dall’acqua!

Imparando a conoscere meglio la formazione e il ciclo di vita delle cascate, con le loro conformazioni e i loro problemi, il Mostro mi è sempre rimasto in testa come una cascata, naturalmente solo a mio giudizio, pericolosa. Si tratta di uno strato di ghiaccio che, dal pianoro sommitale, scivola verticalmente su una placca che man mano si adagia. Ci sono altre cascate che possono essere simili, penso alla prima verticale parte di Repentance, ma, in questo caso, è la roccia dietro che è diversa. Su Repentance infatti la roccia è più lavorata e il ghiaccio riesce ad aggrapparsi saldamente allo strato sottostante, e tipicamente è solo da Marzo in poi che si iniziano a vedere i primi segni di scollamento. La roccia del Mostro invece è praticamente liscia, offre poche asperità per fare da aggrappanti per il ghiaccio, quindi la struttura è sostenuta dalla parte appoggiata basale e, in parte, sia dalla cima che dalla poca adesione sulla roccia.

Basta quindi un po’ di sole a scaldare la cascata e a far filtrare acqua dietro la colata, fino a che questa si scolla e cade. In più, a Gennaio il sole lambisce solamente il pendio sopra la cascata, a Febbraio la parte verticale della cascata prende completamente il sole, anche se un po’ di striscio, dalle 12/13 in poi.

Detto ciò, come in tante altre avventure capitate per i monti, finalmente un giorno ci si ritrova diretti verso il proprio piccolo o grande sogno, con più o meno l’esperienza necessaria e quel poco o tanto di paura che è sempre presente.

La stagione delle cascate 2021/22 è stata per me molto buona, mi sento bene sulle picche, e penso di collaudare la nuova cordata col Mostro, che so essere stato appena salito. Sono con Marco, conosciuto da diverso tempo ma che ho avuto occasione di frequentare in montagna da poco. E’ diversi anni che non sale più cascate ma il Mostro l’aveva già salito in precedenza. Quando ci sentiamo dice di affidarsi a me per la salita dei tiri più duri, anche se so già che avere dall’altra parte della corda un Ragno è indice di bravura, sicuramente tirerà fuori le sue doti se ce ne sarà bisogno.

Tengo per me le mie considerazioni sulla cascata ma ora, ripensandoci, non mi sento particolarmente orgoglioso di quanto fatto. In parte non volevo pensarci io, per non aumentare la tensione che già avevo, in parte non volevo influenzare Marco per un cambiamento di meta, in quanto la cascata la volevo anche salire. E’ poi certamente vero che Marco ha la capacità ed esperienza per valutare de visu le condizioni, ma non possiede forse gli elementi di valutazione che ho io, anche se ha già salito la cascata anni fa.

Ci accordiamo per una sveglia mattiniera ma non troppo: avere altre persone davanti su ghiaccio sarebbe da evitare, ma questa è una delle occasioni in cui quasi la compagnia di un’altra cordata darebbe piacere, segno che qualcun altro ha reputato la cascata salibile con sicurezza. I parcheggi davanti alla cascata sono pochi, mi avevano detto di andarci presto anche per quello, ma siamo da soli, la cascata è tutta per noi.

In questo periodo di Febbraio ci sono delle giornate dalle temperature primaverili, anche se poi di notte le minime sono abbastanza basse. Partendo da casa, la temperatura sale e scende a seconda di dove passiamo, al parcheggio si abbassa non poco e si assesta intorno ai -10° C. Sicuramente la temperatura non è male, il ghiaccio però sarà bello vetroso e con diverse tensioni, visto che di giorno la temperatura sulla cascata subirà uno sbalzo anche di 20° al sole! In ogni caso, non si tratta di un free standing per cui uno sbalzo di temperatura simile porterebbe più facilmente ad un crollo dell’intera struttura.

E’ arrivato anche il momento di scendere dal sentiero, arrivare fino al fiume, passarlo e risalire dall’altra parte: in una ventina di minuti siamo alla base dei primi facili tiri!

Sono ancora tranquillo. Ci prepariamo e Marco si propone per partire, per vedere se si ricorda come usare i ramponi su ghiaccio. E’ da tanto che non fa cascate, ha anche venduto il suo paio di scarponi invernali e usa quelli di suo padre.

Ora che Marco srotola tutti i 60 metri delle corde sul primo tiro, faccio in tempo a raffreddarmi per bene, anche se non prendo nessuna bollita perché le difficoltà sono ancora basse e non devo strizzare troppo le picche mentre scalo. Parto poi subito dalla prima sosta e arrivo sul pianoro superiore della cascata, con di fronte la parte verticale del Mostro. Se, fino ad ora, sono stato tranquillo, inizio a sentire un po’ di tensione.

Con un altro lungo tiro Marco si porta sotto al salto verticale. Il ghiaccio, da molto vetroso che era nel primo tiro, è migliorato, anche se parte un grosso rumore di tensione a metà del nostro terzo tiro, la cascata è sotto sforzo!

Lo raggiungo in sosta e riparto, per il mio secondo tiro. Dopo una decina di metri il ghiaccio si impenna. Non arriva già ai 90° ma si tratta di un costante 85°, con qualche saltino più verticale. Niente di particolarmente difficile, i piedi per scaricare ci sono ogni tanto, non si sale male e il ghiaccio è buono. Ho salito di peggio in questa stagione.

Non so bene però cosa mi succede. O meglio, improvvisamente mi sale addosso l’idea di venire giù io e la cascata assieme. Il pensiero non viene fuori esplicitamente, ma so che è quello il motivo per cui inizio a tremare con le gambe. Salgo ancora, non mi sto particolarmente ghisando le braccia, ma pian piano i polpacci iniziano a danzare per conto loro e non riesco a fermarli, non c’è verso. Dopo un po’, anche se ho salito solo 30 metri di tiro, mi decido a fare sosta nel bel mezzo della cascata, tanto prima o poi avrei sicuramente dovuto fare sosta nel verticale.

Sento un moto di protesta da parte di Marco per la lunghezza del tiro ma lo ignoro, ho bisogno di calmarmi, così non riuscirei a proseguire. Lo recupero e poi parte lui, salendo con calma un bel tiro verticale, finché anche lui sosta in mezzo alla cascata dopo una trentina di metri. Lo raggiungo con le braccia che iniziano a fumare ma la pausa mi ha fatto bene. Parto infatti sul tiro dopo, la cascata non è mai difficile ma sempre molto continua, e mi trovo molto meglio a scalare, le gambe non tremano più. La pausa è servita. Mi sposto man mano sulla destra della colata e, salendo, trovo anche sezioni con ghiaccio poco chiodabile e di colore della panna cotta, il sole ha agito per bene su questa parte di cascata nei giorni scorsi!

Forse avrei potuto tirare dritto per gli ultimi metri finali ma le braccia richiedevano un po’ di pausa, così ho fatto sosta in una nicchia a destra della colata. In una zona di ghiaccio ben cotto, ho piantato un paio di viti su ghiaccio un po’ cariato ma ho trovato un bel blocco di ghiaccio buono dove avvitare la vite più lunga e che mi ha tranquillizzato non poco!

Ora che mi raggiunge Marco in sosta ho tempo di pensare un po’ e vedere con un po’ di preoccupazione il sole che sta arrivando, illuminando i tiri più in basso. C’è poco da dire, non siamo dei fenomeni su ghiaccio e, complice il fatto di aver fatto qualche tiro di troppo, al posto di sfruttare tutti i 60 metri delle corde, non è proprio prestissimo.

Infatti Marco, appena si trova in sosta con me, appare decisamente allarmato e mi comunica che il sole lo preoccupa un po’. Non dico più di tanto, vediamo cosa viene fuori. Ci si potrebbe calare, ma mancano poi pochi metri verticali e la fine della cascata. Alla fine Marco parte, traversando un poco a sinistra, finché aggira la candela e spara su per gli ultimi metri difficili. Lo sento sbuffare e pian piano salire, mentre il sole inizia a lambire anche il ghiaccio dove mi trovo. Non mi trovo in una situazione particolarmente tranquilla, continuo a guardare il ghiaccio e vedere se, fra ghiaccio e roccia, già compare qualche striscia nera d’acqua, ma è ancora tutto tranquillo. In questi casi il tempo sembra sempre rallentare ma c’è poco da fare, Marco ci metterà il tempo che ci metterà, io sono in sosta e devo aspettare che esca e fargli solo sicura.

Finalmente la corda inizia a scorrere velocemente e poi mi grida di mollare tutto, mi viene fuori quasi un sospiro di sollievo, anche se non siamo per nulla fuori! Cerco di raggiungerlo il più velocemente possibile, i metri verticali sono pochi ma le braccia iniziano davvero ad essere al pelo come tenuta, anche da secondo.

Esco in pieno sole, rispetto a stamattina si bolle! Recuperiamo in un attimo l’alberello della prima doppia, doppia corta e traverso scomodo per raggiungere la prima sosta a spit, e calata di 60 metri sul bordo sinistro della cascata, nella sezione più verticale. Che spettacolo vedere la colata ora al sole, col ghiaccio illuminato! Avevo provato la stessa sensazione anche su Repentance, scendendoci quando questa si è illuminata, ma allora ero decisamente più tranquillo che adesso.

Con la seconda doppia su spit si arriva alla prima abalakov, posta in centro alla colata e già sul pezzo più appoggiato. Con altre 3 doppie scendiamo come razzi, vogliamo andare via da qui il più veloce possibile!

Ci mettiamo poco a tornare alla base, con Marco ci diciamo di mettere dentro la corda nello zaino e di scendere a manetta. Detto fatto, Marco scende come un razzo e non lo vedo più in un attimo. Io, non so bene perché, forse in uno stupido atto di sfida verso la cascata, mi fermo un attimo a fare qualche foto alla colata, ora completamente illuminata. Della serie, prova a crollare ora se vuoi…

Quando arrivo alla macchina, poco dopo le 14:00 e col fiatone, realizzo che sono al sicuro ma non ho ancora del tutto assimilato la giornata.

Mentre stiamo sistemando il materiale si ferma una macchina. Durante tutta la salita avevamo visto alcune persone che si fermavano a guardarci, anche diversi minuti, per poi proseguire nel loro viaggio. Ed infatti chi si ferma ci chiede subito se fossimo stati noi a salire la cascata, ci avevano guardati per bene stamattina. Come ultima sorpresa della giornata trovo un bigliettino nella maniglia della portiera, un signore ci ha fatto qualche filmato e ci ha lasciati il numero di cellulare per contattarlo.

Mentre andiamo via inizio a vedere le prime macchie nere d’acqua che spuntano ai lati del ghiaccio, chissà quanto starà su la cascata. Ma adesso, detto un po’ egoisticamente, non è più un mio pensiero.

Ora che arriviamo a casa di Marco, forse ancora un po’ storditi dell’esperienza vissuta, siamo tutti e due di poche parole, pronti per qualche ora di torpore pre-cena e una dormita ad orario galline.

Il lunedì ci scambiamo le fotografie e faccio vedere le immagini del 2014 a Marco, che giustamente sgrana gli occhi. Nemmeno a dirlo poi, il martedì un socio mi invia una foto del giorno prima del Mostro con un bel buco sulla sinistra. Non è crollata tutta la sezione verticale, ma un bel piastrellone da 5 metri per 5 sarà venuto giù: niente di particolarmente salutare ad esserci sotto.

Ora posso dire di aver salito il Mostro e che sicuramente altre cordate (anche se penso poche) l’avranno salito dopo che si è bucato, confidando nell’essere veloci e scalare prima dell’arrivo del sole, ma un po’ di amaro in bocca resta. E’ anche la prima volta che mi capita volontariamente di rischiare qualcosa di più del solito nell’andare in un ambiente, già di suo, abbastanza rischioso, ovvero le cascate di ghiaccio. Sia io che Marco abbiamo poi pensato di aver giocato un Jolly, o una delle famose sette vite dei gatti… Ripeto, mi è rimasto dell’amaro in bocca.

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